Visita Culturale a La Verna e Pieve Santo Stefano
Venerdì 12 aprile 2019
Per la prima volta sono patito con il secondo Pullman per il viaggio culturale a La Verna e Pieve Santo Stefano. Siamo partiti ben sapendo che ciò che ci apprestavamo a vedere e vivere sarebbe stata una esperienza molto importante. Già i Soci che ci avevano preceduto, mercoledì scorso, avevano magnificato ciò che avevano visto. L’attesa della visita era molto alta, la Verna è storia dei più famosi luoghi del mondo. Dobbiamo ricordare infatti che ivi , San Francesco, trovò la solitudine e la concentrazione che gli permise nella penitenza a donarsi con lo spirito ed il corpo a Dio. Si narra come Francesco di passaggio presso il castello di San Leo, in piena festa, lanciasse il tema : “Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto”. Ad udirlo c’era il conte Orlando Catani che, in successivo incontro ,rapito dalle parole di Francesco, gli fece la proposta che avrebbe realizzato ciò che il santo desiderava ardentemente: la solitudine con il dono del monte della Verna luogo molto solitario ed ideale per una vita solitaria ed ascetica. Nei Fioretti viene narrato come al suo ingresso fosse accolto da stormi d’uccelli che dimostrarono con il battere d’ali, festa e gioia. Divenne il luogo nel quale ogni anno si recava per passarvi lunghi periodi di ritiro. Nella sua ultima visita, nell’estate 1224, stanco e ammalato, ormai aveva abbandonato la guida del suo ordine, sicuro dell’approvazione della Regola da parte del Papa Onorio IV , espresse il desiderio, nelle sue notti di preghiera, di solitudine e d’asceta, di provare un po’ del dolore che Gesù Cristo sentì nel momento della sua Morte e Risurrezione. Fu esaudito e il suo corpo fu segnato delle stesse piaghe di Gesù Crocefisso. Per di più sulle mani e sui piedi si formarono delle escrescenze a forma di chiodi. Lasciata la Verna tentò di nascondere i segni del prodigio e solo pochi intimi ne ebbero conoscenza prima della sua morte. Ecco cosa il visitatore incontra nella sua visita, respirando l’aria di religiosità e di assoluto abbandono di cui San Francesco ne è alto rappresentante e maestro.
Breve storia del Santuario
Come precedentemente scritto, la donazione del sito, da parte del conte Catani, divenne, ma già in parte lo era, luogo adatto per chi volesse fare penitenza. In parte lo era già, perché nel 1213 le grotte del monte erano abitate dai primi frati. Nel 1224 nella sua ultima visita, compì il miracolo dell’acqua sgorgante dalla roccia per dissetare un contadino che lo accompagnava verso il Santuario. Sempre in quella stessa visita, San Francesco ricevette, tra due ali di angeli serafini, le Sacre Stimmate. Dante nel suo Poema Paradiso, cap XV, vv 106-108 scrive
“Nel crudo sasso intra Tevere e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo che le sue membra due anni portarno”
Dal 1226, ogni giorno, all’ora nona,(le quindici) la processione dei frati attraversa il Santuario per recarsi a pregare alla Cappella delle Stimmate a ricordo di questo miracolo. L’episodio miracoloso delle Stimmate fa assumere alla Verna una importanza enorme come luogo di fede. Sul punto preciso fu eretta una chiesetta (l’attuale Cappella delle Stimmate). Con l’aumentare dei seguaci di Francesco, si iniziò a costruire il convento e la grande basilica. Poi i Della Robbia (fine ‘400 inizio ‘500) decorano la Verna con stupende terracotte. Il Sacro Monte è prima di tutto un luogo mistico, di fede, di preghiera e riflessione. Presenta, però, anche importanti aspetti artistici e un’attrazione per chi ama la natura incontaminata dolce e selvaggia, con panorami mozzafiato.
Visita della Cappella di Santa Maria degli Angeli
Si presenta ad aula unica , suddivisa da un tramezzo in due parti. Sulle pareti due tele di Ferdinando Folchi (1877), una che ritrae l’incontro tra San Francesco e il conte Orlando Catani presso la rocca di San Leo, quando avviene il dono della Verna, e l’altra l’evento della dedicazione della chiesetta a Santa Maria degli Angeli. Ai lati del tramezzo si trovano due rilievi in terracotta invetriata, uno con la Natività San Francesco e Sant’Antonio, e l’altro Cristo in Pietà tra la Vergine e San Giovanni, opere di Andrea e del figlio Luca (detto il Giovane) Della Robbia (1490-1493). Oltre il tramezzo, sopra l’altare, sempre in terracotta invetriata, l’Assunta che dona la sacra cintola a San Tommaso, tra i Santi Gregorio, Francesco e Bonaventura (opera di Andrea Della Robbia 1488). Sul piazzale del belvedere esterno è presente una grande croce di legno, piantata nella roccia. Superata la quale si gode del suggestivo panorama della valle del Cosentino. A sinistra il pozzo della foresteria del XVI secolo.
Basilica Maggiore
Sorse addossata alla chiesetta di Santa Maria degli Angeli, nel 1348 con il contributo del conte Tarlato di Pietramala, e terminata molto tempo dopo 1509, con il contributo dell’Arte della Lana di Firenze. Dedicata alla Madonna Assunta, fu più volte rimaneggiata negli anni successivi. Si apre con un portico rinascimentale, che si prolunga sul fianco destro fino quasi al campanile. Impianto a croce latina a navata unica con volta a crociera. All’interno terracotte invetriate di Andrea Della Robbia (1500-1510) sulla parete destra, vicino al portone d’ingresso Madonna del Rifugio. Segue sempre lato destro una piccola cappella delle reliquie (1635) nella quale sono conservati il saio del santo ed altre reliquie. Proseguendo sempre lato destro , si trova la seconda uscita dalla chiesa, e poi la cappella della Natività, con l’omonima opera di Andrea Della Robbia (1479). Segue una piccola cappella laterale voluta dal principe Piero Ginori Conti sul finire del XIX secolo, sulla quale spicca il secondo organo a canne. Dietro il presbiterio si trova il coro, con due file di stalli in noce, con intarsi nella parte centrale raffiguranti Santa Maria Assunta, San Lorenzo e il beato Giovanni. Ai lati del presbiterio le figure di San Francesco e Sant’Antonio abate (1475-1480). La cappella laterale a sinistra del presbiterio, dietro l’organo semplice, dedicata all’Ascensione di Gesù, vi è l’imponente opera omonima in terracotta invetriata di Andrea Della Robbia e di Luca, detto il Giovane (1480). Sul lato sinistro la cappella dedicata all’Annunciazione con l’opera omonima di Andrea Della Robbia (1475).Segue sempre a sinistra la cappella San Michele con le spoglie del beato Giovanni della Verna, al quale apparve Cristo, presso la cappella del faggio, piccola costruzione in pietra nel bosco sovrastante il Santuario. Nella basilica vi è un importante organo a canne più volte restaurato che ha portato da 62 a 90 i registri e da 3000 a 5700 le canne. Uscendo dalla parte destra del portico rinascimentale, attraverso un arco sul secondo portico, si trova il passaggio al corridoio delle Stimmate, totalmente coperto. (1578-1582). Ed è in questo luogo che dal 1431 si svolge la processione giornaliera dell’ora nona. Si narra che in un anno particolarmente freddo e nevoso, i frati, decidessero di non eseguire la processione. All’indomani rilevarono che orme umane erano rimaste impresse nella neve, dimostrando che il percorso era stato fatto misteriosamente. La cosa fu attribuita ad una volontà soprannaturale che esprimeva in modo perentorio che la processione dovesse essere fatta in qualsiasi condizioni di tempo. Fu approntato un corridoio totalmente coperto. che fu affrescato con alcuni episodi della vita di San Francesco , visibili ancora negli ultimi tre riquadri e a causa del deterioramento subito, costrinse la sostituzione degli affreschi seicenteschi da Baccio Maria Bacci. A metà del percorso si trova sulla destra, una porta di accesso all’esterno dove è posto il letto di San Francesco. Si tratta di una piccola grotta, dove il santo riposava nella nuda terra. C’è stato bisogno di porre una griglia di ferro per evitare che i numerosi pellegrini razziassero la terra della grotta. In fondo al corridoio si giunge alla Cappella delle Stimate, il cuore del Santuario., eretta sul luogo dell’evento miracoloso (1263), a navata unica volta a crociera. Sul pavimento l’indicazione esatta dove avvenne l’evento. Sulla parete di fondo una monumentale pala realizzata in terracotta invetriata che raffigura la Crocefissione, fra angeli, con ai piedi la Madonna, San Giovanni, San Francesco e San Girolamo dolenti , opera di Andrea Della Robbia (1481). Uscendo all’aperto da una ringhiera è possibile godere della bellissima veduta. Nella parete rocciosa è presente un piccolo anfratto, chiuso da una grata. Al suo interno, stando a quanto si legge nei Fioretti, fu accolto San Francesco una volta che il demonio cercava di gettarlo nel dirupo e la roccia si avvolse su di lui come se fosse di cera molle, dandogli riparo.
Sosta di Pranzo
Dopo una breve visita al negozio di souvenir ed altre cose che permettano il ricordo della visita, ci siamo diretti nei vicini locali dove funziona la ristorazione. I locali sotto la responsabilità dei frati, è gestita da laici e volontari. Il pranzo è avvenuto con rapidità e con soddisfazione di tutti, sia per la qualità del cibo che per la velocità del servizio. All’uscita ci accoglieva una leggera pioggerella, che per le persone prudenti non ha sortito problemi, mentre per chi si illudeva della clemenza del cielo, si è leggermente bagnato. D’altro canto con un breve tragitto si è arrivati al Pullman che ci avrebbe trasportati a Pieve Santo Stefano. I tourniquet che ci avevano deliziato all’andata si replicavano nella discesa ma con qualche piccola accortezza e per l’abilità del conducente non provocavano problemi di sorta. Arrivo a Pieve Santo Stefano in breve tempo.
Pieve Santo Stefano
Occupa la parte orientale della provincia di Arezzo, ed è situata nella prima ansa del Tevere. Conosciuta anticamente come Suppetia, come risulta da una iscrizione trovata nel tempietto in cui è riportato la commissione di Publio Sulpicio e di sua moglie Cellina, che avevano fatto erigere in quest’area un tempio al dio Tevere e alle Ninfe. La storia di Pieve Santo Stefano è segnata da due tragici eventi: l’inondazione in cui vennero distrutti documenti d’archivio e delle opere artistiche della città, e la devastazione provocata dalle truppe tedesche in ritirata che minarono e distrussero il centro storico salvando solo il palazzo del Comune e le Chiese. Ricostruita rapidamente è assurta a notorietà fregiandosi del nome di Città del Diario. Nel 1984 il giornalista e scrittore Saverio Tutino, forse per ritrovare e rinsaldare una memoria messa a dura prova dagli eventi capitati a Pieve Santo Stefano, fondò l’Archivio Diaristico Nazionale, che raccoglie migliaia di diari, memorie ed epistolari. La città è stata decorata al valor militare per la guerra di liberazione. Fra gli illustri cittadini annovera Amintore Fanfani e Giovanni Papini. Nella visita fatta al Piccolo museo del diario, il gruppo è stato diviso in due sottogruppi di 14 Soci ed ulteriormente diviso in due gruppetti di 7 . In questo modo si sono potute vedere in spazi estremamente ridotti alcune realizzazioni per mostrare il tipo di archiviazione e di godibilità degli scritti. La cosa è stata realizzata immaginando una serie di cassetti i quali aperti permettevano di vedere proiettato su uno schermo lo scritto ed in contemporanea una registrazione vocale dello scritto a cura di un lettore (a seconda del tipo di diario, da parte di un uomo o di una donna o di un giovane) in un ambiente più ampio era esposto in visione un lenzuolo di lino completamente scritto come fosse un grandissimo foglio. Fu realizzato da una contadina che volendo lasciare memoria della sua vita e del suo matrimonio ha creato, in mancanza di carta, questo ingegnoso modo per realizzare la sua volontà. Negli attimi di attesa, fra la visita di un gruppo e l’altro, un breve giro della cittadina ai luoghi più significativi, il fiume Tevere, la Chiesa dedicata a Santo Stefano. La chiesa, sorta al posto dell’antica pieve fine ‘800, venne ricostruita in stile neoclassico. L’interno a croce latina, con sedici altari, conserva un dossale in terracotta invetriata della bottega di Andrea della Robbia con la raffigurazione l’Assunzione di Maria tra i santi Francesco, Antonio da Padova, Girolamo e Antonio Abate e di una statua raffigurante Sebastiano alla colonna. La lunetta della facciata raffigura la Lapidazione di Santo Stefano di Luigi Morgari (1931).
Rientro a Spoleto
Al termine delle visite dei vari gruppi di Soci, al Piccolo Museo del diario, si era fatta l’ ora del rientro e ci si imbarcava rapidamente sul Pullman. A differenza dell’andata, il traffico era più scorrevole e non facendo fermate si giungeva a Spoleto per le 19,30- Durante il percorso la Direttrice faceva alcune ipotesi sulle visite culturali riguardanti il prossimo Anno Accademico, Avendo ormai esplorato la zona della nostra regione e non essendo ancora possibile visitare la Val Nerina a causa del recente terremoto, ipotizzava di ridurre le uscite come numero e le visite da fare prolungarle fuori regione (Toscana, Marche etc.). In questo modo l’uscita dovrebbe svolgersi in due giorni. Prima di terminare il viaggio venivano tributate i meritati ringraziamenti alla Direttrice e al magnifico e caro e disponibile Agostino . Saluti e alla prossima visita culturale.